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- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 2004-12-26 | [Acest text ar trebui citit în italiano] | Înscris în bibliotecă de Nicole Pottier
Dove mai sarà andato Fat Frumos,
sul suo cavallo, ché non lo si vede in nessun luogo più, per quanto il sole alto risplenda e si abbassi la luna? Deserti e afflitti, per l’ultima volta dal cielo i monti con lor cime vogliono vederlo nella valle di granito, vivo se è vivo, oppur morto se è morto. Il suo canto, che tutta questa terra circonfondeva tal quale in un sogno, sì che anche l’occhio dei falchi restava chiuso in ascolto, s’è interrotto a un tratto. S’è staccato dai boschi ed è scomparso dal piano; trsite, come priva d’anima, questa terra non trova più ragione che ci sia il giorno e discenda la sera. Suonava il flauto suo; intorno, decine di candidi villaggi affascinati, centinaia di giovani e di vergini ne ascoltavan le doine all’imbrunire. Si svegliavano all’alba alla sua doina, Si innamoravan alle sue canzoni, si sentivan leggeri i fidanzati e più belli, clacando l’erba soffice. Farfalle ballerine nevicavano su lui a schiere; amico di cinghiali e di cervi, le fiere lo guardavano comme fanciulle amabilmente timide. Nessuno ha idea di dove mai sia andato Fat Frumos della chioma folta e nera, dagli occhi azzurri come lapislazzuli, delle sottili sopracciglia arcuate? Giù dai monti, a cavallo per le rupi, è sceso e quantto notti ha sfavillato la terra sotto gl’impazienti zoccoli che han lottato col vento e con la pietra. Prese il flauto, ma prese anche la scure e armi pesanti, in mano a lui leggere; e passò, come freccia per il bosco, come fulmine apportator di sole. Attraversò tutto il Paese; e quando il Danubio non volle dargli il passo, lo fendette balzandovi nel mezzo, col petto in acqua e con il casco fuori; e quel nero stallone che sbuffava con le nari a fior d’acqua, avresti detto che transportava Dio, o quanto meno un messo di Traiano oppur del Papa. La razza tetra, laida e sanguinaria che dimora nel mondo sublunare minacciava le doine e la bellezza fiera di Fat Frumos, la sua gauezza. E Fat Frumos, interrompendo il canto, sentì nel sangue divampare fiamme; nella voce, nel pane e nella terra il calore senti del cielo avito. E nella vita sua una luce vuova, e un appello veniente delle Altezze e dovunque una voce sconoqsciuta e un esortar di segni e di sussurri ignoti fino allora, che sorgevano per dissolversi l’uno dopo l’altro, mentre in ciel comparivano figure alate, esseri bianchi si affollavano. Si alzavan grandi flutti, risuonava come fiaco il fogliame e l’orizzonte era come un vassoio sagittato. Clamor di plausi e murmure di ferro in una tessitura sanguinosa di esistenze e di lance raffrenate. Ora il nemico è andato ad ammazzarlo; che lo anneghi in un vortice di sangue o disserri la sua tenebra fitta, misericordi ma senza pietà, comme vorrà, ché il degno successore di Stefano e di Vlad Impalatore alza per l’avversario are di roccia, ma pure forche, erette e ben piantate. Tu, o Patria, attendi che di nuovo i loro canti si insinuin silenziosamente tra i rami, dall’oriente all’occidente, e dall’una frontiera fino all’altra. Traducere de Claudio MUTTI
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